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STORIE

Villa Boscarino: accoglienza, cura, rifugio

Il gioco delle ricorrenze determina l’identità di un luogo, e ogni volta che mi trovo a ripercorrere la storia della villa vedo un rigirio di persone e situazioni molto diverse, eppure unite da un tratto comune. Per tutti coloro che l’hanno abitata, Villa Boscarino è sempre stata un luogo di accoglienza, cura e rifugio. Oggi lo è per gli ospiti che vi soggiornano in cerca di riposo e cultura. In passato lo è stato per i miei familiari che vi hanno trascorso calde estati di villeggiatura. Diversi anni fa, dopo esser caduta in stato di abbandono, la villa è diventata persino la sistemazione di una comunità hippie, la compagnia del Castello: questo luogo era conosciuto come “il castello” per le sue forme goticheggianti. A prescindere dal corso delle cose essa ha sempre offerto un riparo a tutti coloro che ne avevano bisogno, senza distinzioni di sorta.

 

Quando l’anno passato - in piena pandemia - decisi di venire a trascorrere qualche settimana alla villa, conobbi una persona che dopo circa un secolo mi restituì il diario di Francesco Boscarino, quel mio bisnonno che fece costruire la villa nel XIX° secolo. Sapevo dell’esistenza del diario da vecchi frammenti riportati su alcune pubblicazioni, ma sfogliarlo fu un’emozione che non riesco a descrivere. Cominciai a leggere la pagina in cui Francesco racconta come nacque l’idea di costruire una villa sulle colline di Ragusa.

 

Una volta io ero medico e giovane e tornavo da Parigi. Il lavoro mi investì tutto d’un tratto, e quel primo decennio lavorai con tale intensità di pensiero e di cuore, con tale noncuranza, di veglie, pericoli e disagi e… onorari, che a poco a poco sentivo esaurirmi. E pensavo spesso con trasporto a una casetta perduta nel verde ma vicina al paese, ove rifugiarmi nei momenti della stanchezza e dello sconforto, ove nascondermi e stare un po’ in pace.

 

Doveva essere un tipo eclettico. Medico, architetto, intellettuale, esperantista. Da Ragusa si era trasferito a Parigi per specializzarsi. E dalla capitale francese aveva fatto ritorno in Sicilia negli anni ottanta dell’Ottocento. Ai tempi ci si spostava in treno e i viaggi dovevano essere interminabili. Continuai a leggere.

 

E allora non bastava più una casetta, ci voleva una casa per allontanare l’epidemia, e intanto battere campagna e paese, e obbedire all’autorità, perdendo anche il merito del proprio sacrifizio. Da questa idea nacque il villino, e siccome parea che si avesse sempre addosso il cholera, pensai a un villino capace della nostra famiglia, di quella del Padre e del fratello…

Tutto nacque da un’epidemia di colera: il gioco delle ricorrenze, ancora una volta, cominciava a girare.

  

 

Dalle notizie che ho raccolto la costruzione della villa iniziò ufficialmente nella primavera del 1893. Il progetto maturò qualche anno prima, quando Ragusa fu investita da una grave epidemia di colera. Erano momenti complicati per chi, come mio nonno Francesco Boscarino, esercitava la professione di medico. Il lavoro non dava tregua e una legge regia obbligava i medici a mettersi a disposizione dell’autorità. La stanchezza per i turni massacranti e il timore di una sconfitta contro un nemico difficile da abbattere richiedevano un ristoro e un antidoto. Il medico aveva bisogno di una medicina. Questa, poco a poco, prese la forma di un luogo in cui rifugiarsi: un villino di campagna capace di accogliere tutta la famiglia.

 

I cancelli della villa si aprirono per la prima volta nell’estate del 1895 e la famiglia Boscarino vi soggiornò stabilmente per tre anni, prima di utilizzarla come casa di villeggiatura. I racconti e le vecchie foto di famiglia restituiscono l’immagine di una piccola comunità che vive in armonia, in uno spazio fuori dal tempo.

 

  

 

In questo microcosmo si accedeva percorrendo un tranquillo costeggiato da una bassa vegetazione. In fondo, si stagliava la villa in stile neo-gotico, revival dello stile medievale molto diffuso in Europa alla fine dell’Ottocento. Dall’ingresso si entrava in quella che reputo la parte più bella del villino: il corridoio. Semplice, spoglio e aulico, il corridoio introduceva in modo inaspettato al rigoglioso giardino, il luogo perfetto dove nascondersi “e stare un po’ in pace”. 

 

 

Tutta la villa è un mosaico di simboli, forme ed iscrizioni in latino; ancora attorniata dalle vecchie mura che la isolano e la proteggono, regala a chi sa coglierlo, momenti di spensierata beatitudine. 

 

A distanza di più di un secolo, quel territorio tutto intorno che una volta era aperta campagna si è definitivamente trasformato in ambiente urbano. Anche la villa ha vissuto diverse stagioni, e non tutte sono state serene. Eppure ha sempre conservato l’irresistibile fascino di un luogo altro, a volte persino misterioso.

 

Nel 2015, dopo un lungo periodo di lavori, è iniziata una nuova fase. E credo di poter dire che la volontà di mio nonno Francesco sia stata rispettata. Villa Boscarino è rimasta un luogo dove rifugiarsi nei momenti della stanchezza, oggi come allora.

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